Ricordo ancora il primo approccio ai Souls, in vergognoso ritardo rispetto alla loro diffusione. Era aprile 2016, mi trovavo in viaggio in America. Sul gruppo della vecchia redazione si mormorava dell’uscita di Dark Souls 3. Ignaro di tutto il mondo che si celava dietro il lavoro di Miyazaki, mi fiondavo nella conversazione per capirne di più. Poche frasi di persone fidate mi hanno convinto. Al mio ritorno trovai su Amazon una mega offerta per l’Apocalypse Edition, praticamente metà prezzo a pochi giorni dall’uscita. Il danno era irrimediabilmente compiuto. Decisi di partire dal terzo capitolo, nonostante From Software regalasse anche il primo titolo retro compatibile su One. Il mio approccio con la saga può essere spiegato da Aldo Baglio narratore in Chiedimi se sono felice “Avete presente la teoria del piano inclinato? No? Ve la spiego. Se mettete una pallina su un piano inclinato la pallina comincia a scendere, e per quanto impercettibile sia l’inclinazione, inizia correre e correre sempre più veloce. Fermarla, è impossibile. Ma per fortuna gli uomini non sono palline: basta un gesto, un’occhiata, una frase qualsiasi a fermare il corso delle cose”. Purtroppo gli uomini sono palline.
Approcciarsi a Sekiro non è affatto facile. La frustrazione delle prime ore ha preso subito il sopravvento, ma come con tutti i titoli di Miyazaki, ben presto arriveremo alla fase finale del lutto, l’accettazione. Tuttavia procediamo con ordine. Disco, installazione veloce e schermata principale. In questo momento respirerete qualcosa dei Souls o quasi, perché fin da subito noterete che non vi è alcuna scelta nel personaggio che è già caratterizzato e unico nel suo genere, con un volto e un nome, Wolf, Lupo, Sekiro o come vorrete chiamarlo. Vi sarà una lunga sequenza introduttiva di come non si sono mai viste nei titoli di From Software. Forse in Dark Souls 2, ma possiamo ritenerlo quasi un titolo anomalo non appartenente alla schiera del maestro. Non parleremo volutamente della trama per renderla una recensione il più possibile spoiler free e anche perché sarà affascinante approfondirla in seguito.
Le prime battute serviranno a prendere confidenza con il nuovo gameplay e combat system, anche se questo evolverà nel corso del gioco e non ci sarà mai tempo per adattarsi, poiché vi troverete difronte nemici che necessiteranno di determinate tecniche per essere scalfiti, quindi non avremo un gameplay statico, ma dinamico, in continua evoluzione, che cresce parallelamente alla crescita pratica del videogiocatore. Non esistono più schivate, parry e due colpi. Stiamo parlando di un gioco che sebbene non presenti una varietà di armi tipiche dell’universo di From Software, riesce a rendersi vario attraverso due elementi: il primo è la continua acquisizione di abilità mediante ottenimenti di punti esperienza, che amplieranno il parco tecniche della vostra spada manifestate attraverso una mappa delle abilità acquisibili presso gli Idoli (gli antichi Falò). Il secondo è la protesi Shinobi, una brillante strategia elaborata dai produttori per variare la tipologia di armi secondarie. Nel corso del gioco troverete diversi elementi che si adatteranno alla vostra protesi, rendendola un’ascia per i colpi pesanti volta a sguarnire le difese degli avversari con scudo, oppure un’arma da fuoco per far vacillare i nemici più rapidi. Eccolo qui, quindi, l’éclair du génie che risponde a tutte le critiche mosse dagli scettici quando hanno appreso della poca varietà delle armi in questo titolo.
Sekiro: Shadows Die Twice è un gioco che stanca. Dal nemico più semplice ai middle boss fino ai veri boss dell’area di gioco. Bisogna armarsi di pazienza, tecnica e studiare. Non avere la possibilità di personalizzare tante skills in base al proprio stile di combattimento rende il tutto più ostico. Per questo si dovranno passare tante ore contro un nemico per capirne i punti di forza, ma soprattutto quelli deboli. Personalmente mi sono ritrovato ad affrontare due/tre boss di fila e infine arrendermi per poi riuscire ai primi tentativi il giorno seguente. Perché come detto in precedenza, Sekiro è capace di logorarti e colpirti al fianco. Rialzarsi da certi knock out non è affatto facile. I nemici sono stilisticamente stupefacenti, vari e avranno così tanti approcci che non ci si abituerà mai. E soprattutto non bisogna essere irruenti. Calma, tempismo ed i tasti L1/LT saranno vostri amici. La difesa è spesso la miglior arma per scalfire la postura e l’equilibrio dell’avversario. Poche middle boss fight saranno ripetitive. Dal punto di vista della longevità non rimarrete affatto delusi.
Ma come ha fatto From Software a metterci il suo zampino? Semplice. Già dalle prime battute potrebbe capitarvi di imbattervi in zone non propriamente in linea con le vostre capacità, cosi come potreste non avere una lama mortale necessaria per buttare giù determinati nemici. È indubbio un certo parallelismo con la Petit Londo di Dark Souls. E poi il mal di drago che allontana gli uomini dalla propria umanità, una comunità corrotta che sta per essere distrutta da una malattia dirompente. Umanità e disagi che rievocano un mélange tra Dark Souls e la Yarnham di Bloodborne. E ancora gli affascinanti NPC che incontrerete lungo il vostro cammino, che provano a rivelarvi qualcosa, ma celano dell’oscuro che dovremo come sempre ricercare e interpretare. Shortcut, ascensori, meccanismi da attivare, ambientazioni fantastiche in continua evoluzione che passano dal rappresentare l’anima del Giappone come il vero Castello di Kanazawa, a degli abissi come le Catacombe o ancora la Città Infame. Sono solo nostri voli pindarici, lasciateci sognare, ma Miyazaki è riuscito ad autocitarsi spesso, un po’ alla Tarantino, non mancando novità. Finalmente il nostro personaggio vive, interagisce, ha una voce e potremmo compiere scelte vitali o meno, visti anche i soliti molteplici finali e soprattutto l’insolita scelta di optare per la resurrezione per aumentare la propria capacità vitale che potrebbe perturbare il mondo che ci circonda.
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