LE BATTAGLIE PIU’ DIFFICILI SONO QUELLE CHE SI COMBATTONO NELLA MENTE
La tematica della follia o del disturbo mentale è un argomento che affascina e inquieta allo stesso tempo. Svariate volte è stata descritta in molteplici ambiti e in maniera eccellente, come nel cinema, che ci ha donato personaggi iconici che rimarranno impressi nella mente, con il Joker de Il Cavaliere Oscuro, ma anche nell’arte, con le tanto bellissime quanto conturbanti opere dell’artista svizzero Johann Heinrich Füssli. Sebbene nel panorama videoludico la pazzia sia stata narrata in molti titoli, a memoria d’uomo mai è stata fatta un’analisi così minuziosa ed accurata su una tematica così complessa come la Psicosi, fino ad ora. Gli sviluppatori della casa britannica Ninja Theory, già autori di piccoli capolavori quali Heavenly Sword, Enslaved o il tanto discusso DMC: Devil May Cry, hanno deciso di giocare d’azzardo, creando un titolo indie tripla A con un team composto da circa venti persone, riuscendo straordinariamente nell’intento e creando una piccola pietra miliare nel mondo videoludico.
La storia narra di una guerriera celtica di nome Senua, la quale, tornata da un periodo di isolamento autoindotto a causa della sua “malattia”, trova il proprio villaggio completamente distrutto dall’invasione vichinga, scoprendo, inoltre, che il suo amato Dillion è stato brutalmente ucciso e dato in sacrificio agli Dei. Come nel mito di Orfeo e Euridice, la nostra eroina decide di intraprendere un viaggio nel mondo dei morti per incontrarne la regina Hela e riprendere l’anima di Dillion, consapevole del fatto che per riaverla dovrà dare in cambio qualcosa di ugualmente prezioso. La trama non è tra le più originali, ma ciò che la distingue dalle altre storie è in primis l’ambientazione che fa da sfondo a questa avventura e, in secondo luogo, la tematica della follia che sarà il fulcro dell’intera storyline di gioco.
Ci sono voluti ben tre anni per sviluppare questo titolo, utilizzati per indagini storiche approfondite e collaborazioni con personaggi di un certo spessore nell’ambito della psichiatria. Ma procediamo con ordine. La ricerca degli sviluppatori si concentra sul periodo storico di fine 800, nelle isole Orcadi a nord della Scozia, dove risiedeva la tribù dei Pitti, nome derivante probabilmente dal latino Pictus, dipinto, dal momento che i guerrieri solevano tatuarsi il proprio corpo. Un giorno grandi navi vichinghe approdarono sulle spiagge, “portando ferro, e sangue, e morte”, distruggendo interi villaggi e sterminando i clan. I capi tribù o i guerrieri venivano sacrificati ai propri Dei con pratiche atroci, come l’aquila di sangue. Questo è il contesto da cui si dipana la storia della nostra Senua, nome derivante da Senuna o Senua, dea celtica scoperta nelle campagne di Ashwell nell’Hertfordshire.
I celti erano già a conoscenza dei problemi mentali di cui gli uomini potevano essere afflitti, al punto da attribuire loro termini come “Geilt”, che significa “traumatizzato dalla guerra o da una Tragedia”, o “Druth”, per coloro i quali credevano di poter comunicare con gli Dei. Questi individui erano soliti andare nei boschi per cercare di espiare il proprio “male” e trovare conforto. Nel gioco stesso ritroviamo entrambe le figure incarnate rispettivamente nei personaggi di Senua e di Findan, un “vecchio pazzo bugiardo” che ci guiderà nel nostro viaggio raccontando leggende del mondo antico.
Per quanto riguarda, invece, l’analisi della Psicosi, i Ninja Theory si sono avvalsi della collaborazione di un esperto della materia, Paul Fletcher, psichiatra e professore di neuroscienze medica all’università di Cambridge, e di alcuni pazienti affetti da differenti patologie psichiche. I sintomi riferiti sono stati trasposti “in game”, mediante visioni distorte della realtà, come corpi appesi, allucinazioni, deliri o voci che si rincorrono nella mente della protagonista. Ciò è stato reso maggiormente possibile dalla magistrale interpretazione della video editor Melina Juergens, neo vincitrice del premio Best Character dell’Italian Video Games Awards, che ha dato vita, grazie alla motion capture, ad un personaggio che crea forte empatia con il videogiocatore: Senua, infatti, tende a guardare sempre verso di noi come se fossimo i mostri che danno voce alla sua malattia o come se avessimo l’arduo compito di psicanalizzarla.
“SOLO LA SOFFERENZA PORTA ALLA SALVEZZA. QUESTO È IL VOLERE DEGLI DEI.”
Il personaggio di Senua è uno dei più complessi e meglio caratterizzati nel mondo videoludico. Affetta sin da bambina da disturbi mentali, probabilmente ereditati dalla madre, sacerdotessa del villaggio e successivamente sacrificata agli Dei a causa della sua condizione psichica, la protagonista viene segregata in casa dal padre e completamente isolata dal mondo esterno. Il rapporto conflittuale che ne deriva con il genitore, dovuto alle continue coercizioni subite, la porta ad un aggravamento della sua malattia, al punto da sentire nella sua testa la voce paterna che la denigra. La vita di Senua, dunque, è stata sempre segnata da eventi traumatici e ciò può essere dedotto durante la sua avventura, mediante ricordi e scene ambigue come quella visibile nella battaglia contro Valravn. A conferma di quanto scritto si può prendere in considerazione una cutscene, visibile durante la boss fight, nella quale Senua sembra subire una violenza fisica, suggerita da un gioco di inquadrature e ombre, tuttavia riconducile ad eventi del suo passato irrogati dalla figura paterna.
E’ importante, infine, dedicare una attenta analisi sulla scelta dei Boss presenti in Hellblade, fatta sulla base di personaggi mitologici presenti nell’Edda di Snorri (manuale di poetica contenente leggende norrene).
- Surt, Dio del fuoco – Uno dei due custodi del regno di Hela, rappresentato come un essere avvolto da fiamme che siede su un trono. Secondo la tradizione, egli ha il compito di dare fuoco al mondo, permettendone la successiva rinascita. Surt, infatti, potrebbe simboleggiare la funzione catartica del viaggio di Senua, composto da una fase di autodistruzione a cui segue una “rinascita”.
- Valravn, Dio dell’illusione – Secondo custode del regno di Hela, con le fattezze di uomo dalla testa di corvo. Nella mitologia, tale essere malvagio, si nutre dei corpi lasciati sul campo di battaglia, rubandone la conoscenza umana. Un canto popolare nordico narra che il dio strinse un patto con una giovane donna, promettendole di ricongiungerla con il suo amato in cambio del cuore del suo primogenito. La vicenda è un chiaro rimando al viaggio nel regno dei morti intrapreso da Senua, per riportare in vita Dillion, il suo amato.
- Hela, Dea dei morti – Nella tradizione norrena, viene rappresentata come una donna con un lato del viso cadaverico o carbonizzato. Esplicito richiamo ad un ricordo di Senua, in cui vede la madre morente sul rogo, con un lato del viso in fiamme.
I Ninja Theory sperimentano una tipologia di gioco basata soprattutto sulla narrazione rispetto all’azione, con un sistema di combattimento semplice e completo (molto simile, tra l’altro, a quello di Prince of Persia per PS3): avremo a disposizione degli attacchi in corsa, altri a distanza ravvicinata suddivisi in normale, pesante e fisico, parate, le quali, eseguite con il giusto tempismo sbilanceranno il nemico che rimarrà stordito per qualche secondo, e schivate che ci permetteranno di fuggire quando saremo accerchiati. I movimenti sono fluidi, ad eccezione dell’attacco in mischia che sembra avere un leggero ritardo dalla pressione del tasto.
Per consentirci un vantaggio sul nemico, non appena la runa posta sullo specchietto al fianco di Senua sarà carica, si potrà attivare una sorta di modalità “Focus” che ci permetterà di rallentare il tempo e aumentare le combo degli attacchi. Un ulteriore aiuto verrà fornito dalle voci presenti nella mente della protagonista che indicheranno quando un nemico fuori dal nostro campo visivo sta per sferrare un attacco.
“L’OSCURITÀ STA ARRIVANDO. ANELA ALLA VITA, AFFAMATA DI ESSA, COME UN BRANCO DI LUPI A CACCIA.”
Nel gioco è presente la permadeath, un sistema che si presenta come una sorta di male oscuro posto sul braccio destro di Senua, che tenderà ad aumentare ogni volta che morirà, fino a quando, arrivato alla testa, ne provocherà un definitivo Game Over, costringendo il giocatore a ricominciare l’avventura dall’inzio. L’idea degli sviluppatori nasce dall’intento di instillare nel giocatore ansia e angoscia, ossia le stesse sensazioni provate da Senua, oppressa dall’idea della morte. Ciò è stato confermato dal Chief Creative Director, Tameen Antoniades, che ha dichiarato:
“Ho parlato con un mio buon amico che ebbe un episodio, un crollo psicotico. Mi descrisse quei momenti in cui urlava coricato sul pavimento pensando che sarebbe morto. Mi disse che avremmo dovuto mostrare questo genere di cose. Penso che le persone non capiscano necessariamente che queste esperienze possano essere come incubi ad occhi aperti. Possono essere come far parte di una storia horror per alcuni momenti”.
Il sistema di enigmi si basa il più delle volte sull’individuare una determinata Runa nell’ambiente circostante, mediante un gioco di prospettiva. Potrebbe risultare frustrante tale sistema di gioco, ma è un effetto voluto per permettere una maggiore immedesimazione del giocatore nella pazzia della protagonista. Nulla è lasciato al caso in questo titolo, come infatti riferisce ancora Tameen Antoniades:
“Un paziente raccontava che parole, suoni, oggetti della vita quotidiana avevano un significato per lui come parti di un bizzarro enigma che voleva risolvere ma restava indecifrabile”.
“SENTI ANCHE TU LE ALTRE (VOCI)?”
Presenza costante sono le voci che sente Senua nella sua mente, le quali tenteranno la maggior parte delle volte di confondere il giocatore, ad esempio consigliandogli di procedere in una determinata direzione per poi intimargli di tornare indietro, o commentando le azioni compiute durante il viaggio. Vi è anche una voce narrante che descrive i sentimenti e le sensazioni della protagonista, rivolgendosi al videogiocatore come se anche egli soffrisse di disturbi mentali.
Il motore grafico che dà vita a Hellblade è l’Unreal Engine 4 che permette di ammirare scorci di straordinaria bellezza, con effetti di luce ed ombre maggiormente apprezzabili su PS4 PRO. Le ambientazioni sono esplicative dei sentimenti provati da Senua variando da luoghi caldi e luminosi, in cui rivive i momenti passati con il suo amato Dillion, alternati a paesaggi cupi ed opprimenti, frutto dei suoi disturbi mentali. In entrambe le circostanze è possibile apprezzare scenografie ben dettagliate e sbalorditive.
La colonna sonora è stata affidata ad Andy LaPlegua, musicista e cantante norvegese, che ha abilmente rappresentato con la sua arte due mondi contrapposti, quello vichingo e quello celtico, a cui Senua appartiene. Non essendo note le abitudini musicali di queste popolazioni, Andy LaPlegua ha immaginato sonorità tribali dai toni dark, che rimandano agli antichi paesi nordici, e suoni folk e malinconici che rimandano al personaggio di Senua.
CONCLUSIONI
“CIÒ CHE SENTE SENUA È VERO? SI È REALE, È LA SUA REALTÀ”
I Ninja Theory ancora una volta hanno colpito nel segno, creando un titolo che rimarrà impresso nel cuore dei videogiocatori, accaniti e non. Questo è un chiaro esempio di come i videogiochi possano essere più che semplici “giochi”, ma anche fonti di riflessioni e insegnamenti su tematiche spesso tralasciate, come la follia. Le malattie purtroppo non sono solo quelle visibili, ma anche interiori, che al contrario di quelle fisiche, sono più subdole e ingannevoli. L’obiettivo di Hellblade non è solo raccontare una storia cruenta e al contempo bellissima, ma anche di puntare un riflettore sulla Psicosi. Il videogiocatore, infatti, è portato ad immedesimarsi in Senua, fino a prendere coscienza del fatto che coloro i quali sono affetti da malattie mentali non sono reietti, ma persone che molto spesso preferiscono distaccarsi da una società che spesso le maltratta e le stigmatizza come “diverse”.
Vi lasciamo con le bellissime parole di Tameen Antoniades:
“La malattia mentale è con noi fin dall’inizio del mondo, ma perché? Perché l’evoluzione non l’ha sradicata dal nostro pool genetico? Me lo chiedevo spesso; poi ho capito che la domanda aveva un problema. Presuppone che essere e pensare diversamente sia una debolezza. L’unico motivo per cui abbiamo computer, astronavi, medicine, poesie, arte e perfino videogiochi, è che gli individui sono riusciti a simulare nuove realtà astratte nelle loro menti e a condividerle con tutti noi. È necessario che ci siano persone che vedono le cose in modo diverso perché la società progredisca. E dobbiamo accettare queste nuove prospettive.”