Un saluto a tutti i Cacciatori! Inauguriamo questa rubrica Speciale YouTuber con il sommo Marco Farina, in arte Farenz. Nell’ampio panorama del “tubo”, il buon Marco è uno di quelli che riesce sempre a fornire un’opinione sincera, senza peli sulla lingua, su quello che circonda la passione che ci accomuna, i videogames, attraverso il suo stile inconfondibile e con una chiave di lettura matura, frutto della sua esperienza. Ma non solo, è anche uno di quelli youtuber che è rimasto sempre fedele a se stesso, capace sempre di strappare un sorriso, ma anche di far riflettere e fornire spunti di discussione attraverso il suo Angolo. Non ci resta che augurarvi buona lettura.
Q.1) La prima domanda, perdonaci, ma è quanto mai scontata. Poiché noi tutti ormai ci affacciamo al mondo del lavoro e abbiamo anche il progetto (per alcuni anche avanzato) di costruire una famiglia, com’è essere un videogiocatore padre? E soprattutto, ritieni opportuno trasferire questa passione ai propri figli? E se sì, quale potrebbe essere il modo ottimale per introdurli a questo fantastico mondo?
R.1 – Com’è essere un videogiocatore padre? Videog… che? Ormai non mi ricordo nemmeno più che significhi essere videogiocatore! Scherzi a parte, il tempo libero da poter dedicare ai videogiochi si è ovviamente ridotto ma, devo essere sincero, come in tutte le cose c’è un risvolto positivo a questa situazione. Avendo meno tempo da passare col pad in mano, oggi cerco di sfruttare meglio le ore (o per meglio dire i minuti) che posso dedicare settimanalmente ai videogiochi. Che significa ciò? Mentre prima giocavo sicuramente più titoli, rischiando spesso di ritrovarmi fra le mani giochi che non reputavo nemmeno degni di essere giocati (ma che comunque cercavo di portare a termine nonostante il disgusto), oggi cerco di giocare in maniera migliore, con titoli cioè che bene o male so già che apprezzerò, senza (passatemi il tempo) perdere tempo con altri giochi dalla qualità discutibile. Non ritengo opportuno trasferire questa passione a mia figlia, nel senso che non sarò di certo io a forzarla nel voler diventare una videogiocatrice. Credo sarebbe il modo peggiore per introdurla a questo fantastico mondo. Ritengo sarà più produttivo sostenerla ed incoraggiarla in ciò che vorrà fare lei, anche perché non sento il bisogno viscerale di voler vedere in lei me stesso da piccolo. Vorrà videogiocare? Giocherà. Vorrà ballare? Farà la ballerina. Vorrà fare la youtuber? La caccerò di casa.
Q.2) Abbiamo già letto in passato la tua opinione sui DLC. Spesso ci troviamo difronte a contenuti aggiuntivi scarni, piazzati lì per allungare il brodo o colmare (male) alcuni buchi di trama, un esempio su tutti quelli di Final Fantasy XV, di cui siamo in parte delusi. Altre volte il contenuto aggiuntivo è davvero bello, ricordiamo The Old Hunter di Bloodborne o il recentissimo DLC di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. In ogni caso acquistare il DLC è un salto nel buio. Se è vero che lo stesso si può dire dei giochi, è altrettanto vero che il DLC preclude che tu abbia già una versione base del gioco e, quindi, costi aggiuntivi. Come pensi che il videogiocatore possa essere tutelato nei confronti dell’acquisto di un contenuto aggiuntivo? Non sarebbe giusto proteggere magari quella fetta di videogiocatori che acquistano il titolo al D1 fornendo da subito una versione completa che si aggiorna man mano e ricambiando la fiducia?
R.2 – La questione dei DLC va avanti ormai da fin troppo tempo. In questo ambito credo sia fondamentalmente anacronistico parlare di ciò che sia giusto e ciò che non lo sia. I DLC sono un dato di fatto. Abbiamo cominciato a vederli arrivare sul mercato più di 10 anni fa (senza contare le espansione dei giochi per pc di 20-25 anni fa) e se il loro ecosistema è vivo tuttora significa semplicemente che sono una formula di vendita che funziona. I DLC esistono perché la massa li ha già digeriti ormai ed è ansiosa di pagare per espandere la propria esperienza di gioco provata col titolo originale. Non solo. I DLC sono anche una forma di guadagno notevole per gli sviluppatori, al punto tale che in alcuni casi mi è capitato di leggere di SH che hanno annunciato pubblicamente di aver guadagnato di più con un DLC rispetto al gioco iniziale: ciò è anche facile da capire. Da una parte il motore di gioco è già bello che pronto e quindi gli investimenti da finalizzare al dlc sono (per forza di cose) inferiori rispetto al gioco iniziale ma anche, come avviene nella maggior parte dei casi, il dlc viene venduto esclusivamente in digitale, evitando quindi tutti i costi di distribuzione. Vogliamo giochi sempre più belli? Vogliamo giochi sempre più tecnologicamente avanzati? Vogliamo però sempre pagare 60-70 euro per averli al lancio? Bene. È ovvio che all’aumentare di queste richieste, aumentino anche i costi di sviluppo e produzione da parte delle SH. Ed è quindi ovvio che a parità di costo del prodotto finale, la casa di sviluppo debba far rientrare i soldi in qualche maniera. I dlc sono una di quelle maniere. E, come dicevo, hanno successo. Poi è ovvio… andrebbe preso sotto esame caso per caso, perché non tutti i dlc cercano di “fregare” il giocatore vendendo separatamente pezzi della trama principale, così come non tutti i dlc vengono venduti solamente in digitale, insomma… ogni caso è a sé e nonostante tutto sta comunque al videogiocatore decidere cosa acquistare e cosa no. Ecco perché non credo sia necessario tutelare nessun videogiocatore. Basta solo che il videogiocatore si informi meglio e che non si lanci impulsivamente in un acquisto a scatola chiusa.
Q.3) Capitolo Microtransazioni. Nelle settimane scorse abbiamo tutti ampiamente letto argomentazioni e pareri su queste, in particolar modo la vera e propria (lasciaci passare il termine) shitstorm che ha colpito Battlefront II. Il pay-to-win esiste da molto tempo nei giochi. In alcuni casi eclatanti, come Diablo III, si è arrivati alla chiusura della casa d’aste dopo che alcuni videogiocatori avevano avviato un vero e proprio commercio d’oggetti, il tutto finalizzato ad avere un PvP più equilibrato. Addirittura c’è chi ha paragonato questo fenomeno all’inserire i gettoni nelle vecchie salette da gioco. Che idea ti sei fatto su questo argomento? Quando le microtransazioni hanno il diritto di esistere e cosa si può fare per limitarne l’utilizzo?
R.3 – Ecco. Riprendendo la domanda precedente, quando facevo riferimento alle diverse tecniche di guadagno delle software house, oltre ai dlc potremmo prendere in considerazione le microtransazioni. Che dire? Le microtransazioni sono all’ordine del giorno (da anni) nel settore del mobile. Ormai la stragrande maggioranza dei giochi viene rilasciata in free to play: scarichi il gioco e paghi mentre giochi per ottenere potenziamenti, per accelerare determinati aspetti del gameplay, ecc. Non avevamo però mai assistito ad una richiesta così fondamentale in un gioco su console fissa, che comunque un videogiocatore ha già pagato 60-70 euro. A prescindere da tutto, e senza entrare nello specifico di Battlefront, credo che le microtransazioni possano essere una fonte di guadagno, ma con dei dovuti limiti. Faccio un esempio assurdo, il primo che mi viene in mente. Prendiamo un gdr qualsiasi, un Final Fantasy. Se per passare dal livello 20 al 21 ho bisogno di 10.000 exp, so che per guadagnarli avrò bisogno di giocare… boh… 10 ore. Sparo cifre inventate.
Se esistesse una microtransazione che mi permettesse di acquistare un oggetto col potere di farmi raddoppiare gli exp guadagnati ad ogni scontro, dimezzando quindi il tempo di farming… ti dico la verità, a 36 anni e con relativamente poco tempo per giocare… un pensiero ce lo farei. Ovvio, a costi accettabili. Anche perché in questo esempio sto parlando di un gioco in single player, in cui l’esperienza di gioco decido io come portarla avanti. Diverso è invece il discorso microtransazioni legato ai giochi in multiplayer competitivo. Lì la faccenda si complica e capisco, anche raffrontandomi con amici che appunto si sono lamentati di SW Battlefront 2, come per molti le microtransazioni risultino indigeste, specialmente se pensate in maniera idiota. Che senso ha mettermi in un gioco la possibilità di sbloccare un personaggio pagando, se poi è sbloccabile esclusivamente con miliardi di ore di gioco? Perdona il francesismo, ma è smaccatamente una presa per il culo. Per riassumere, secondo me non va limitato l’utilizzo delle microtransazioni, ma va studiata la maniera per far sì che possa effettivamente ingolosire il videogiocatore senza far incazzare chi non è disposto a non spendere ulteriormente.
Q.4) In questa generazione si stava tantissimo sentendo la mancanza di Nintendo. Wii U è stato un flop sotto molti punti di vista, nonostante un potenziale inizialmente molto elevato. Con Switch si può dire che la casa di Kyoto abbia fatto centro. Sin dal primo giorno ci siamo innamorati di questa console e cosi ogni giorno che passa e ogni esclusiva che viene rilasciata. Qual è il tuo rapporto con Nintendo Switch? Pensi che sia attualmente la console del momento? Killer app e hardware a parte, cosa davvero manca a questa console per essere sullo stesso piano di PS4 (Non citiamo l’adattatore nero del NES Mini)?
R.4 – Non so se Switch sia la console del momento. È sicuramente la console del momento per me. Fin dal primo (orribile) video di annuncio, capii che sarebbe stata la console perfetta per un videogiocatore come me, un videogiocatore cioè che a 36 anni e con famiglia al seguito può trovarsi nella scomoda situazione di avere la moglie (e in futuro la figlia) che prendono il possesso del televisore. Quale soluzione migliore di una console che “stacchi” dalla sua vecchia concezione di console fissa e che ti permette di portare avanti la tua partita in portatilità? È ciò che ho sempre voluto, specialmente da quando condivido il televisore in salotto con altri esseri umani. Questa trovata di Nintendo mi ha stupito. Se me l’avessero chiesto alcuni anni fa, dopo un Wii di successo ma terribile dal punto di vista dei rapporti con le terze parti e soprattutto dopo un fallimentare WiiU, avrei scommesso su una successiva console fissa che puntasse decisamente di più verso la potenza e soprattutto verso i giocatori “hardcore”. Ed in parte è vero. Seppur poco paragonabile al potenziale di PS4 e One, Switch cerca comunque di distaccarsi dalle vecchie concezioni di Wii e WiiU e cerca di (ri)abbracciare i giocatori persi per strada, strizzando loro l’occhio proponendo finalmente giochi più seri e maturi, vedi Skyrim o Doom. Ma lo fa proponendo anche la novità del secolo, ovvero con una console che ti permetta di giocare con continuità nella maniera che reputi più opportuna: una console in molti vedono come una fissa da poter trasformare in portatile, ma che in effetti è una portatile che puoi ANCHE collegare ad un tv. Se da una parte questa novità lanciata da Nintendo mi ha lasciato soddisfatto, sono rimasto ancora più colpito dalla costanza mantenuta nel primo anno di vita di Switch nel rilasciare ALMENO un titolo con i controcog…. diciamo un titolo tripla A ogni sacrosanto mese, quasi sempre esclusivo. La concorrenza se lo sogna.
Cosa manca a Switch? Diciamo che mancano i multipiattaforma. Come spesso ho ripetuto, se fosse uscito uno Switch con una potenza paragonabile a PS4 e One e che quindi mi garantisse una versione Switch per TUTTI i giochi in uscita, l’avrei comprato anche a 1000 euro. Certo è che come concept di console portatile è piuttosto utopico. Una console di quel tipo, quanta energia necessiterebbe? Quanto durerebbe una batteria come quella dello Switch attuale? Se lo Switch da 1000 euro necessitasse di una batteria più capiente, come avrei accettato una console più grande e probabilmente meno ergonomica? Quindi tutto sommato, mi sta bene uno Switch come quello che abbiamo in mano da un anno. Tra l’altro… Noi parliamo di un anno, ma in realtà la console ha solo 9 mesi ed in questo periodo sono usciti titoli come Super Mario Odyssey, Xenoblade Chronicles 2, Mario + Rabbids… e vogliamo parlare di Mario Kart 8? E nientepopodimenoche di Zelda? Certo, questi ultimi sono porting da WiiU, ma calcolando che in pochi si sono interessati a WiiU, ci sta che vengano considerati come nuovi.
Ora la domanda da porci è, dopo un anno (anzi, 9 mesi) così ricchi di giochi, riuscirà il 2018 ad essere altrettanto produttivo? Vedremo. In poche parole, il clamore che la console sta suscitando, non solo deriva dall’idea che la console stessa vuol trasmettere, ma anche dall’enorme quantità di giochi usciti in questi mesi. Che ciò significhi che ai videogiocatori interessano i videogiochi?
Q.5) Restando in tema, parliamo di Console War: sonari, boxari, nintendari, ma non solo, anche PC gamer. In questo periodo come non mai si vive quest’eterna lotta tra cosa è meglio e cosa e peggio. Insomma, si gioca a chi ce l’ha più grosso. Teraflops, RAM, 4K, fps. Non pensi che il lato hardware abbia un po’ snaturato i videogames che spesso si mostrano con dettagli grafici pazzeschi e privi di contenuti validi?
R.5 – Non sono d’accordo né con la tua domanda, né con la tua affermazione finale. La battaglia a chi ce l’ha più grosso non comincia nel momento in cui si parla di ram, 4K o teraflops. La guerra della potenza grafica è vecchia tanto quanto me, forse anche un po’ di più. L’evoluzione dei videogiochi e dei dispositivi che ce li fanno giocare si basa quasi sempre sulla potenza che di generazione in generazione aumenta. A parte mamma Nintendo che crea uno Switch, nato proprio secondo le esigenze di Marco Farina. Battute a parte, ricordo chiaramente le prese per il culo che subivo quando ancora mi divertivo con il NES mentre il mio vicino di casa era già passato ai 16 bit con li Mega Drive. Non era già quella console war? Certo che lo era. E forse lo era anche più di oggi, perché non solo ci si accapigliava riguardo quale fosse la console migliore, ma anche quella con I GIOCHI migliori. Oggi l’85% dei titoli in uscita è multipiatta e se vogliamo entrare nello specifico di PS4 e One, molto spesso i giochi sono addirittura identici. Ha senso quindi una guerra? Teoricamente dovrei rispondere di no, ma in pratica sì. Perché il videogiocatore, così come qualsiasi altra persone che compra qualcosa, sente la necessità innata di dover difendere i propri acquisti le proprie scelte. È un sistema psicologico similare al tifo di una squadra di calcio. L’essere umano è per sua natura portato a doversi sentire parte di un movimento, di un gruppo. Migliaia di anni fa gli esseri umani si riunivano per uccidere un mammuth, oggi per decretare che la risoluzione di Cod WWII è migliore su PS4. Cambia il contesto, ma non il modo di pensare ed agire.
Q.6) E ricollegandoci alla domanda precedente, online spesso si becca gente che fa la voce grossa o che deve sempre dire qualcosa fuori posto, il cosiddetto leone da tastiera o, meglio, l’hater. Se tu oggi ti dovessi trovare di fronte uno di loro, come reagiresti o cosa gli diresti?
R.6 – Se mi dovessi trovare di fronte ad un hater? Gli direi che ha ragione. Sono io il mio peggior hater. W la guerra al pixel, W i gameplay, W il 4K, W le donazioni e i kickstarter.
Q.7) Per un videogiocatore, un youtuber o comunque tutte quelle persone che vivono attivamente il panorama videoludico, sicuramente una delle cose che più può far piacere è quello di avere un seguito, lasciare un segno o comunque fornire un’opinione che abbia un certo peso per un gruppo di persone. Cosa hai pensato quando sei venuto a conoscenza della tua citazione in Watch Dogs 2?
R.7 – Mi ha fatto enormemente piacere, seppur il gioco sia stato una vera e propria delusione. Dopo quella citazione ho avuto modo di far due chiacchiere con chi si è occupato della localizzazione di Watch Dogs 2, un ragazzo che segue l’Angolo da anni. Che ti devo dire? Avere un seguito è appagante e stimolante al tempo stesso. Seppur mi ritenga uno youtuber atipico, nel senso che sono uno che non vive youtube come uno youtuber dovrebbe fare (ovvero caricando video), il fatto di aver cominciato molti anni fa ha fatto sì che si venisse a creare col tempo una community che mi ha dato sempre grandi soddisfazioni, soprattutto anche dal lato umano, quando nel corso degli anni è capitato di incontrarci ai vari raduni angolari.
Q.8) Rivedendo i video di quel Farenz genuino e magari anche un po’ sboccato e comparandoli con l’ultimo Farenz, sicuramente abbiamo un ragazzo più maturo e pacato, che comunque non ha mai perso il suo inconfondibile stile e la voglia di far ridere, fornendo in ogni modo la sua opinione sui vari argomenti trattati. Se avessi una macchina del tempo e potessi tornare indietro, cosa diresti al Farenz del passato?
R.8 – Se tornassi indietro gli direi che è stato uno stronzo. Più che altro ho sbagliato a nascere nel 1981. Se fossi nato anche solo 10 anni dopo e se quindi non avessi cominciato a pubblicare video su youtube a 26-27 anni, la mia vita sarebbe stata probabilmente diversa. Non dico migliore, sia chiaro. Il mio non è un rimpianto. È una constatazione. Se avessi cominciato la mia vita su youtube a 16-17 anni, senza legami lavorativi e mutui da pagare, oggi probabilmente sarei ancor più dentro il mondo di youtube. Ciò però significherebbe probabilmente anche fare video di gameplay, postare un video al giorno per poter portare a casa la pagnotta, chiedere donazioni agli iscritti e dover far per forza il coglione di fronte ad una webcam mentre gioco. Quindi no grazie. Per questo dicevo che non ho rimpianti. Preferisco decisamente la mia vita. Se tornassi indietro e parlassi col me stesso di 8 anni fa, chiederei “è meglio ps3 o 360?” E riceverei un vaffanculo come risposta.
Q.9) Tornando sul temi videogiochi, viviamo in un periodo colmo di Remaster e Remake. Valutando tutti i pro e i contro da un lato abbiamo tantissimi videogiocatori giovani che non hanno avuto alcune console o comunque la possibilità di giocare ad un titolo x e videogiocatori meno giovani che non disprezzano il rispolverare un vecchio titolo, dall’altra, invece, abbiamo persone che lamentano una certa mancanza di idee. Cosa pensi a riguardo? L’industria videoludica è arrivata a un punto in cui elaborare titoli originali sia difficile e dispendioso e quindi si tenta di compensare rimediando su vecchie glorie o hanno ragione di esistere le varie remaster o remake?
R.9 – In questo caso penso che tu abbia già esplorato tutte i possibili aspetti che caratterizzano i remake. Sì, nascono per dar modo a chi non ha giocato un gioco anni fa di poterlo recuperare. Sì, nascono per i nostalgici che hanno voglia di rigiocare un gioco ma che hanno il culo troppo pesante per poter riconnettere una console che hanno in cantina. Sì, nascono per i faggot della grafica, che vedono un loro gioco d’infanzia con una grafica attuale, lo giocano e se ne lamentano perché “non è come all’epoca” (grazie… nemmeno tu sei quello dell’epoca). E sì, nascono perché, con uno sforzo relativamente contenuto, sfruttano tutti i fattori appena descritti per portare a casa un po’ di quattrini in più, da reindirizzare magari in altri progetti. È giusto che esistano, perché i videogiocatori stanno invecchiando e man mano il fattore nostalgia si espande come un virus. È una riprova di ciò il successo mondiale del NES e dello SNES mini.
Q.10) Siamo giunti all’ultima, fatidica domanda: possiamo disdire gli impegni con amici e parenti il 24 dicembre e gustarci Caro Farenz ti scrivo prima di Una Poltrona per Due?
R.10 – Grazie a tutti voi ragazzi. Grazie dell’intervista, grazie per le domande decisamente originali e buon Natale a tutti quanti i lettori. Per rispondere alla domanda, preparate i pop corn….
Ringraziamo Marco per il tempo dedicatoci. Non perdete i suoi prossimi appuntamenti su YouTube e sull’Angolo. Non ci resta che salutare tutti i Cacciatori, alla prossima!