Kratos e Nathan Drake sono due mostri sacri nel panorama videoludico. Entrambi icone del marchio PlayStation e noti per ragioni molto diverse. Kratos è sempre stato un personaggio unidimensionale, mentre Nate uno dei personaggi più elaborati. Per quanto riguarda il gameplay abbiamo un hack ‘n’ slash action vs uno sparatutto in terza persona entrambi con una sfaccettatura adventure molto importante, infatti pur con differenze evidente abbiamo elementi enigmatici e platform condivisi. Pertanto grattando la superficie è possibile notare delle somiglianze che ci fanno porre delle domande, come, ad esempio, questi due uomini potrebbero essere due facce della stessa medaglia?
L’articolo potrebbe contenere spoiler sul passato di Kratos e Uncharted. I dettagli sull’ultimo God of War sono stati limitati a quanto noto in trailer e dettagli rilasciati dai Santa Monica.
All’orizzonte abbiamo Kratos che riemerge dopo un’assenza di cinque anni con importanti rivisitazioni rispetto al precedente bruto che abbiamo imparato a conoscere. Ma com’è cambiato? I look possono essere ingannevoli e nonostante la risposta estremamente positiva al nuovo episodio, insieme alla perseveranza di Santa Monica possiamo vedere un personaggio più radicato. Potrebbero aver innalzato il personaggio al livello di Nathan Drake? Kratos può facilmente immedesimarsi come protagonista? O è condannato per sempre a immergersi nel sangue dei suoi nemici senza preoccuparsi del mondo?
Il dialogo è profondamente importante per definire un personaggio, mentre il “Dio della Guerra” urla ai suoi nemici citazioni come “Bestie Feroci” “Ti spedirò nelle profondità dell’Ade”. Nate dal canto suo rende l’approccio più giocoso, con battute come “In guardia, testa di cazzo” oppure “Il bambino se l’è fatta sotto”. Mentre questo è perfetto per gli scenari di combattimento, è nei momenti più leggeri in cui il tono di Nate cambia drasticamente, mostrando la sua compassione verso nemici e persone care. Kratos rimane invece il guerriero urlante e raramente si allontana dal suo monologo guidato dalla vendetta, ad eccezione di brevissimi momenti mostrati con Pandora anche se mai realmente approfonditi durante il suo periodo in Grecia.
Quando entriamo nella mitologia norrena, soprattutto grazie a quello che possiamo ricavare dalle prime impressioni della stampa, possiamo constatare che questo è un personaggio totalmente diverso. Riflette sulle sue decisioni, non si carica come un toro in un negozio di porcellane in ogni situazione, arriva al punto di occuparsi profondamente del figlio.
Nella trilogia iniziale fin dall’inizio la famiglia di Kratos era stata uccisa con sue stesse mani, cosi ha deciso di vendicarsi. Questa volta abbiamo effettivamente l’opportunità di trascorrere una campagna con una persona cara, permettendoci di esser testimoni di come maturerà la loro relazione. Nathan Drake ha avuto bisogno di quattro episodi per costruire relazione con Sully, Elena e co. Quindi alla fine ci importava di vedere l’evoluzione della loro storia e l’eventuale uscita di scena di alcuni personaggio. Quando giocammo God of War 3 non ci fu nessuna motivazione a preoccuparsi di alcun personaggio, ne Gaia, ne Zeus e neanche Kratos con il suo atteggiamento monotono. Pertanto questo God of War deve fare ciò che Uncharted ha raggiunto innegabilmente. Dobbiamo occuparci di Atreus come se ci prendessimo cura di Elena o Sully. Mentre andiamo avanti questi personaggi devono resistere. Chloe è apparso come personaggio secondario in due giochi di Uncharted e tanto è bastato per farla amare dal pubblico.
Un aspetto negativo spesso attribuito a Nathan Drake è la sua capacità di falciare centinaia di nemici con estrema facilità e senza alcuna elucubrazione delle sue azioni. Psicologicamente sarà interessante vedere se Kratos darà uno sguardo al cacciatore di tesori sotto questo punto di vista. L’uomo magari si siederà con suo figlio e discuterà sul motivo per cui devono uccidere tutto ciò che si oppone a loro e se questo sia accettabile o meno. Come già detto, le prime impressioni sono promettenti, ma per ottenere una visione completa, questa avventura di poco più di venti ore deve immergersi profondamente nel personaggio e mostrarci dei lati mai approfonditi prima.
Nel finale di Uncharted 4, Rafe Adler parla dell’eredità che Nathan Drake ha creato per se stesso e di come questo abbia alimentato il risentimento dei suoi nemici nel vederlo vacillare.
“Nathan Drake ha corso come un pazzo sui gradini di Shambhala”
“Nathan Drake ha trovato una città perduta nel bel mezzo del deserto di Rub’ al Khali”
“Nathan Drake ha scoperto il leggendario El Dorado”
“Nathan Drake è una leggenda”
Allo stesso modo, Odino e gli dei nordici hanno ascoltato le storie del fantasma di Sparta. Ora inseguono Kratos a causa dei suoi passati scontri e la sua eredità cui non può sfuggire. Oltre ad essere il dio della guerra, è anche il figlio di Zeus. Rabbia, belligeranza e minacce sono gli unici risentimenti esuberati da questa rivelazione, anche se ora sappiamo che l’avversione di Zeus per suo figlio derivava dall’apertura del Vaso di Pandora. Sarebbe anche ora che Kratos parlasse di suo padre, magari con un po’ di rimpianto per come sono andate le cose?
Numerosi franchising di questa generazione hanno tentato di mantenere viva la fiamma con molti doloranti inciampi. Mass Effect, Halo, InFamous, Star Fox, Gears of War e la lista potrebbe continuare. Il nome di una IP non è garanzia di successo. Rivitalizzare e rinvigorire una IP può far bene e speriamo che questo porti benefici alla saga di God of War. Chissà, forse tra dieci anni potremmo ricominciare il dibattito chiedendoci cosa Nathan Drake potrebbe imparare da Kratos.
Fonte PlayStation Life Style